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Social network, dimmi come navighi e ti dirò chi sei

Colpa della smartphone-dipendenza. Se l’egopower -  il mito dell’ “io prima di tutto”  ha sostituito i punti di riferimento tradizionali è soprattutto per il moltiplicarsi dei device tecnologici, che giorno dopo giorno hanno proiettato gli italiani in una realtà virtuale in cui l’ego ha inghiottito tutto il resto.
 
È uno dei temi emersi nella ricerca «Miti dei consumi, consumo dei miti» realizzata dal Censis in collaborazione con Conad nell’ambito del progetto «Il nuovo immaginario collettivo degli italiani».
 
Compulsivi, pragmatici o spettatori
I numeri, intanto. Il 72,5% dei connazionali è sui social network, e tra questi l’indagine Censis Conad individua tre categorie di utenti. La prima è quella dei compulsivi,  9,7 milioni di persone che pubblicano post, foto, video per mostrare a tutti quel che fanno ed esprimere le proprie idee, controllando continuamente gli aggiornamenti, intervenendo con frequenza, sollecitando discussioni e promuovendo iniziative. Seguono i pragmatici – circa 12,4 milioni di persone -  che usano i social nei propri circuiti di relazione, in modo attivo. Infine gli spettatori, la categoria più numerosa, in cui rientrano ben 13,2 milioni di utenti. Il Censis li definisce “fruitori passivi”, ma nel gergo del web sono i “lurker”: leggono i post, consultano video e foto dei amici e sconosciuti, restano a guardare le vite altrui senza intervenire mai in prima persona.
 
A ciascuna generazione il suo
Ogni generazione ha la sua categoria di internauti: i compulsivi, per esempio, sono il 29,8%, tra i 18-34enni, dato che scende al 21,3% tra i 35-64enni; i pragmatici rappresentano il 31,3% dei 18-34enni, il 28,4% dei 35-64enni e il 10% degli over 65. Gli spettatori, infine, sono più numerosi nella fascia tra i 35-64 anni (30,1%), per scendere al 25,6% dei giovani e al 18,7% tra gli anziani.
 
Dal mito al “broadcast yourself”
Ma quali sono gli effetti di questa social dipendenza, dove su tutto domina l’ego? L’affievolimento dei miti tradizionali, prima di tutto, partito con fenomeni come reality e talent show e sconfinato nell’affermazione del “broadcast yourself”, il principio del “manda in onda te stesso”, dove il percorso verso il successo è un viaggio accelerato fatto di smartphone e selfie, like e follower. Un successo alla portata di tutti, che non presuppone necessariamente il saper fare qualcosa o l’avere qualcosa da dire. I dati del rapporto dimostrano questa percezione diffusa: il 49,5% degli italiani – il 53,3% tra i piu? giovani – e? convinto che chiunque possa diventare famoso. La nuova strada di accesso alla celebrita? passa fondamentalmente per i social e dal web: il 30,2% degli italiani – e ben il 41,6% tra i piu? giovani – definisce come fondamentale la popolarita? sui social per essere una celebrita?.
 
Di qui la nuova equazione: uno vale un divo, e se tutti sono divi nessuno lo è? più?.

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